Perdono: una panacea per mente, corpo e spirito


Dove viviamo davvero

La vera casa in cui viviamo non è fatta di muri bensì dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, convinzioni e abitudini. E soprattutto delle nostre scelte. Il luogo in cui abitiamo davvero è proprio qui, in ciò che pensiamo, sentiamo, sperimentiamo, scegliamo. Ogni giorno, ogni ora, ogni secondo. Possiamo scegliere di fare di questa casa un luogo buio e disfunzionale in cui sentirci scomodi e insoddisfatti, oppure un luogo piacevole, arioso, luminoso e pieno di agio. Il perdono è uno strumento efficace e potente per fare della nostra casa un luogo in cui metterci comodi e sentirci bene. 

 

Diamo a Cesare quel che è di Cesare

Siamo noi e non il mondo esterno a determinare i nostri stati interni, i nostri pensieri e le nostre emozioni. Da questo punto di vista, gli eventi e gli altri possono essere considerati delle semplici cause marginali e accessorie. E c’è da chiedersi se sia corretto definirli cause o non sia più appropriato considerarli dei semplici specchi che si limitano a riflettere e a rimandarci ciò che siamo. Specchi che ci ricordano che siamo esseri causali.

 

Le difese che feriscono

Tutti noi, in modo più o meno accentuato, tendiamo a difenderci dagli eventi dolorosi con la chiusura, l’insensibilità o la durezza, ma difendendoci non facciamo che restare attaccati a una grande quantità di emozioni che ci fanno soffrire: rabbia, frustrazione, avversione, disperazione, paura. Quando qualcuno ci fa del male, tendiamo a restare legati alla rabbia perché abbiamo la sensazione che ci protegga dal dolore, dall'umiliazione o dalla paura; lasciandola andare abbiamo la sensazione di ritrovarci più vulnerabili e senza difese. 
Quando perdiamo qualcuno che amiamo, tendiamo a restare attaccati al dolore della perdita, perché lasciando andare quel dolore, abbiamo la sensazione di perdere, insieme, la persona che è legata a quel lutto. 
Quando pensiamo di non meritarci di essere felici, tendiamo a restare attaccati alla frustrazione perché se pensiamo intimamente che le cose non possano andare bene, aprendoci alla felicità temiamo di ricadere nell’infelicità facendoci doppiamente male, perché più in alto si sale, più la caduta è rovinosa. Sembriamo a volte come tossicomani alla ricerca di nuove dosi di rabbia, avversione, vendetta, senso di colpa. Molti di noi sono cronicamente intossicati dalle emozioni dolorose che pensano di vivere per colpa degli altri e del mondo, quando in realtà sono loro a trattenerle e a coltivarle.

“Risentimento” è una parola interessante. Il risentimento è ciò che ci fa ri-sentire il vecchio e ci preclude la possibilità, invece, di sentire e di vivere le infinite possibilità che la vita, attimo per attimo, ci offre. Più vorremmo liberarci e allontanarci da chi ci ha fatto soffrire, più, paradossalmente, quella persona invade, occupa la nostra mente, i nostri pensieri, influenza i nostri vissuti.
 Allora, questo può diventare un mantra interessante: Gandhi diceva: “Non permetterò a nessuno di camminare nella mia mente con i piedi sporchi”. Il perdono ci libera dal legame di sofferenza con la persona o l’evento ai quali attribuiamo la colpa della nostra sofferenza.

 

Il coraggio di attraversare le emozioni


Nel processo del perdono, il contatto con le nostre emozioni è fondamentale. Sono le emozioni a racchiudere il potenziale della guarigione: quando ci apriamo alle emozioni, per quanto possano essere dolorose, quando smettiamo di difenderci dalle emozioni e dalla sofferenza, ma ci entriamo dentro e le attraversiamo, possiamo accedere al perdono. Per perdonare quindi, dobbiamo passare attraverso il sentire. Il perdono avviene nel cuore, non nella mente. Per esempio, dobbiamo poter sperimentare la rabbia, che il più delle volte è un'emozione secondaria che copre emozioni più difficili da esperire, come l'orgoglio ferito, l'umiliazione, la vergogna, la frustrazione, la tristezza, la paura, il terrore. È necessario entrare in contatto con queste stratificazioni di emozioni, attraversare il mare di questi stati emotivi per approdare alle terre del perdono.
 

Perdono: abilità di vita

Chi fa davvero l'esperienza del perdono sa che il perdono migliora la qualità della vita, guarisce le relazioni, con se stessi e con gli altri. Chi sa perdonare vive relazioni più consapevoli e felici. Imparando a perdonare cresciamo in numerose abilità interpersonali e sociali. Per esempio, rafforziamo la fiducia in noi stessi, sviluppiamo la capacità di trasformare i problemi in risorse, alleniamo la flessibilità, l’abilità di cambiare e di allargare prospettiva, impariamo ad assumere la posizione degli altri, ad ascoltarli davvero, maturando nell’empatia. Diventiamo consapevoli del dolore che a nostra volta provochiamo agli altri, diventando più umili. Comprendere la visione e il sentire degli altri è un importante presupposto della pace.
 L'odio, diceva il Buddha, non cessa mai per odio, cessa per amore.
 Il dolore non si elimina provocando altro dolore, ma con l'amore. Nelson Mandela passò 27 anni della sua vita in una cella minuscola, ma trascese il bisogno di vendetta e rifiutò di assumere il ruolo di vittima, scegliendo il perdono. Con questo atteggiamento, basato su una grandissima chiarezza, mise in atto una transizione pacifica del suo popolo. 

 

Perdono: un efficace strumento terapeutico 

Il perdono scioglie l'energia emotiva congelata nei blocchi di risentimento, odio o rabbia e nutre le emozioni positive che ci predispongono a loro volta a vivere esperienze positive. 
La liberazione dell’energia bloccata nelle emozioni dolorose, torna disponibile: chi perdona può usufruire di molta energia vitale in più. Quindi il perdono rafforza e migliora anche la salute: rende il corpo più vitale e ne sostiene il buon funzionamento. Attraverso le modificazioni chimiche indotte dalla riduzione delle emozioni dolorose e dall’aumento delle emozioni legate al benessere, il perdono aiuta il corpo a disintossicarsi e a disinfiammarsi. Secondo studi scientifici oramai molto numerosi, il perdono influenza positivamente il sistema nervoso, quello immunitario e quello cardiovascolare.“
Nei sui scritti e nelle sue conferenze, Daniel Lumera evidenzia come la scienza abbia oramai dimostrato inequivocabilmente che chi sviluppa qualità come il perdono, l’empatia e la capacità di gestire i conflitti viva più a lungo, si ammali di meno e sia una persona selettivamente più adatta alla continuazione della specie.

Perdonare conviene.
 

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