Counseling, yoga, evoluzione

Evoluzione: la visione della psicologia umanistica e del counseling

Secondo il postulato della psicologia umanistica, ognuno di noi è abitato da una natura interiore - unica e irripetibile - orientata verso l' evoluzione positiva. Ognuno di noi tende verso il dispiegamento dei suoi potenziali e ad immagine del seme che porta al suo interno il progetto del fiore o dell’albero, ciascuno di noi ha in sé ciò che è necessario alla sua autorealizzazione. Nella sua dinamicità costruttiva, la spinta all’ evoluzione non cessa mai di esistere e di operare. Quando viene contrastata da eventi sfavorevoli ne risente, si indebolisce o si distorce, ma non si spegne mai del tutto. Per operare positivamente, questa tendenza evolutiva necessita del sostegno di condizioni favorevoli. Condizioni facilitanti sono per esempio un buon accudimento da parte dei genitori durante l’infanzia, o, successivamente, l’amore e il sostegno di un buon compagno, o più in generale un ambiente sociale favorevole, una sufficiente soddisfazione di necessità fondamentali quali il bisogno di sicurezza, di appartenenza e di stima, e ancora l’ampliamento della propria conoscenza, la possibilità di ascoltare la propria voce interiore e di fare scelte congruenti con i propri valori…

Chi si trova momentaneamente in difficoltà e sente il bisogno di raccogliere le proprie idee e le proprie forze per trasformare una crisi in opportunità di cambiamento e di crescita, riceve dal counselor un aiuto che ha appunto l’intento di nutrire, sostenere o riattivare la sua tendenza all’autodeterminazione. Ad immagine del contadino che crea le condizioni perché le potenzialità intrinseche delle piante possano manifestarsi, il counselor sostiene le naturali capacità di autoregolazione del suo cliente, creando condizioni favorevoli alla sua affermazione e alla sua evoluzione tramite un atteggiamento di accoglienza e di ascolto empatico.

Operando in modo diverso a seconda delle condizioni del terreno e a seconda che faccia freddo oppure non piova, il giardiniere agisce coerentemente con la natura propria delle piante, siano esse pomodori o azalee, per favorirne la crescita. Egli agisce sulla base della fiducia che le piante cresceranno, perché hanno in sé tutte le risorse necessarie. Come il giardiniere, il counselor rispetta e asseconda l’unicità del suo interlocutore e confida nella sua tendenza all’autorealizzazione: ha fiducia che, in un clima di accettazione e comprensione, saprà da solo far fronte alle sue difficoltà e crescere.
 

Evoluzione e cambiamento nello yoga 

Lo Yoga Sûtra, la magistrale opera sanscrita che espone lo yoga classico, pozzo inesauribile di spunti di riflessione, esprime bene l’idea che sto descrivendo. Ne riporto qui due passaggi significativi, riguardanti le caratteristiche e le finalità della relazione d'insegnamento nello yoga.

Il 2° aforisma del quarto libro recita: ‘Jâtyantaraparinâmah prakrtyâpûrât: A causa di un adattamento favorevole nelle qualità stesse della Natura, le caratteristiche di ciascuno evolvono’. Questo aforisma indica che tutto è sempre già in noi e che ciò che useremo esiste già. Occorre però fare qualcosa perché gli aspetti non manifesti possano apparire; un cambiamento nelle nostre caratteristiche si produce quando sono presenti le condizioni sufficienti. L’evoluzione positiva nasce dalla nostra natura. La potenzialità di comprendere e di cambiare è già in noi, ma si manifesterà quando tutte le condizioni per la sua manifestazione saranno presenti. Lavoisier enunciò il principio: ‘niente si perde, niente si crea, tutto si trasforma’.

Per illustrare questo concetto, centrale anche nel buddismo, il maestro zen Thich Nhat Hanh - uno dei massimi esponenti del buddismo contemporaneo - ama utilizzare la metafora del fiammifero. Prendendolo in mano e guardandolo attentamente, possiamo scorgervi la fiamma. Lo dice già la parola: il fiammifero è un portatore di fiamma (dal latino fero’, portare). La fiamma è potenzialmente presente nel fiammifero, ma non è manifesta, perché non sono presenti tutte le condizioni necessarie. Ci sono il bastoncino di legno, la capocchia infiammabile, l’ossigeno presente nell’aria, manca solo il calore prodotto per sfregamento su una superficie ruvida. La produzione di calore è l’ultima condizione necessaria alla manifestazione della fiamma presente nel fiammifero.

L’aforisma successivo precisa:Nimittamaprayojakam prakrtînâm varanabhedastu tatah kshetrikavat: Le cause (del cambiamento) operano in modo indiretto sulla Natura, come fa il contadino aprendo una breccia in una diga’. In altre parole: l’origine del cambiamento sta nella rimozione degli ostacoli, ad immagine del contadino (kshetrika) che per irrigare il suo campo si limita ad aprire una breccia in una riserva d’acqua. Questo è un bellissimo passaggio. Il termine utilizzato, nimitta, indica l’elemento catalizzatore che attiva le potenzialità che sono già presenti, indica un’azione indiretta, intelligente e profondamente rispettosa, orientata a indurre un cambiamento favorevole. Nimitta è l’azione del contadino che interviene con abilità sul terreno aprendo una breccia nel canale sovrastante e sfruttando la pendenza del terreno per irrigare il suo campo. Questo aforisma ribadisce che le vere cause del cambiamento sono i potenziali già esistenti in noi: la terra, i semi e l’acqua sono già presenti, l’apporto esterno è soltanto una condizione che stimola il cambiamento. Il contadino non irrompe nell’equilibrio della natura stravolgendolo, ma agisce con discernimento, in modo ‘economico’ e rispettoso, sfruttando le forze stesse della natura, come per esempio la gravità. Il contadino non sta impalato tutto il giorno afferrando le piante per la cima e tirandole verso l’alto; senza necessariamente toccarle, fornendo loro l’acqua necessaria e affidandosi alla loro intelligenza intrinseca, sostiene la tendenza all’autorealizzazione presente nelle piante. E non pretende di trasformare un ciliegio in un melo e viceversa, ma ne asseconda lo sviluppo naturale, intervenendo sul terreno in vari modi perché il potenziale proprio di ciascun albero possa svilupparsi.
 

Counseling, yoga, evoluzione. L'importanza della relazione

La metafora del contadino utilizzata nello Yoga Sûtra è pregnante. Il contadino confida nel campo, nelle sue possibilità e risorse, e sa cosa fare, perché è profondamente legato ad esso. Non si tratta di una conoscenza intellettuale, ma di una sapiente miscela di conoscenza pratica e intuitiva. Se egli sa, sa cosa fare. Il contadino ha imparato molte cose dai suoi antenati ed è qualcuno che lavora con le mani e con la terra, conosce le proprietà della terra e i tempi giusti. E la sua conoscenza della natura passa attraverso l’azione, l’esperienza, il suo stesso corpo e tutti i suoi sensi. Il contadino guarda e osserva, è totalmente attento: per questo sa cosa e come fare. E ha pazienza. Sa anche che se userà un procedimento sbagliato, la crescita delle piante non verrà facilitata.
Ma ritorniamo al counseling. Il counselor, come il contadino, sa in primo luogo cosa fare per non nuocere, aspetto non così scontato. In secondo luogo ha fiducia nella capacità delle persone di" fiorire", e orienta e sostiene il processo della crescita.

Nel suo intervento, il counselor non aggiunge niente che il cliente non abbia già, ma crea le condizioni perché egli contatti le sue risorse e trovi i mezzi per muoversi verso direzioni più costruttive. Lo psicologo statunitense Carl Rogers, fondatore della terapia non direttiva, ha focalizzato la sua attenzione su tre condizioni da lui ritenute sufficienti e necessarie a sostenere la spinta all’autorealizzazione: l’empatia, l’accettazione incondizionata e l’autenticità portate nella relazione dall’operatore d’aiuto. Strumenti imprescindibili del lavoro del counselor, quindi, e non certo tecniche, ma qualità umane che il counselor si impegna a coltivare per poterle mettere in gioco nel suo operare.

All’interno di questo tipo di relazione, il counselor utilizza stimoli come la riformulazione e la domanda. Così come Socrate, ispirandosi a sua madre, levatrice, sviluppò l’arte della maieutica (dal greco: maieutiké téchne, letteralmente: l’arte della levatrice) per aiutare i suoi discepoli a ‘partorire’ risposte attingendo alla loro conoscenza interiore, il counselor non dice al suo cliente cosa deve fare, ma si limita a dargli uno stimolo perché sia lui a trovare in prima persona le risposte ai propri quesiti. Attraverso questi ‘stimoli maieutici’, il counselor aiuta il cliente a comprendersi meglio, favorendo nel contempo l’attivazione delle risorse necessarie a un cambiamento positivo. Il counselor non può sapere al posto del suo interlocutore cosa sia realmente buono per lui, e quale possa essere la sua risposta alla realtà contingente. C’è un proverbio che dice: ‘I consigli possono essere ottenuti per niente e valgono altrettanto’. Il counselor accompagna il cliente a trovare una risposta sua - e quindi unica e sostenibile - alle sfide dell’esistenza, ed è nella misura in cui si sa muovere intelligentemente nel processo dell’interazione, sulla base di quello che l’altro porta momento per momento, che il processo verso il cambiamento positivo può fiorire.